 Michael Cimino prende la guerra del Vietnam per rappresentare un passaggio che non è un viaggio, non è un sogno e nemmeno un incubo. È una pena che si deve scontare in qualsiasi momento, forse un monito alle eccessive e immature convinzioni del popolo americano ed anche un segno di quel cambiamento violento ed epocale perchè non ne sono i fautori.
 Michael Cimino prende la guerra del Vietnam per rappresentare un passaggio che non è un viaggio, non è un sogno e nemmeno un incubo. È una pena che si deve scontare in qualsiasi momento, forse un monito alle eccessive e immature convinzioni del popolo americano ed anche un segno di quel cambiamento violento ed epocale perchè non ne sono i fautori. Il protagonista è interpretato dal volto mitico di James Cagney. Non c’è niente da fare, quest’attore sfonda lo schermo per la sua espressività immortale, a dispetto di un datato Bogart. Anche i comprimari non sono da meno, tutte facce che appartengono da sempre al mito dei gangster.
Il protagonista è interpretato dal volto mitico di James Cagney. Non c’è niente da fare, quest’attore sfonda lo schermo per la sua espressività immortale, a dispetto di un datato Bogart. Anche i comprimari non sono da meno, tutte facce che appartengono da sempre al mito dei gangster. Il coltello nell'acqua è la sintesi di tutto ciò che possiamo riunire sotto la definizione di thriller degli istinti: la carica (omo)erotica e il pericolo sempre affacciato sulla sua rottura, il gioco infantile della sfida fine a se stessa. Per quasi tutta la durata del film pare che la donna non abbia alcun ruolo rilevante nella storia, eppure è proprio lei che muove tacitamente i fili delle pulsioni. Rimane in silenzio senza intervenire concretamente su ciò che avviene a bordo della barca tra i due uomini; solo alla fine saprà giocare la sua carta con un atteggiamento quasi mostruoso elevandosi al di sopra delle finalità maschili. Il giovane è un pò il depositario del comportamento istintivo del cacciatore (una animale di terra, eretto, evoluto), mentre l'adulto nella sua arroganza e supponenza è il depositario di paure ancestrali, del primitivo, un animale d'acqua, l'uomo delle palafitte che si erge quel tanto per non annegare, restando nella suo falso movimento, nella staticità antropologica. Il primo sa usare la parola come uno strumento di difesa (finge) e ha capacità di adattamento; il secondo è incolto (nonostante sia un giornalista) e attacca con le parole per non difendersi. La donna è invece il nuovo animale, un anello di congiunzione, ma anche una mutante.
 Il coltello nell'acqua è la sintesi di tutto ciò che possiamo riunire sotto la definizione di thriller degli istinti: la carica (omo)erotica e il pericolo sempre affacciato sulla sua rottura, il gioco infantile della sfida fine a se stessa. Per quasi tutta la durata del film pare che la donna non abbia alcun ruolo rilevante nella storia, eppure è proprio lei che muove tacitamente i fili delle pulsioni. Rimane in silenzio senza intervenire concretamente su ciò che avviene a bordo della barca tra i due uomini; solo alla fine saprà giocare la sua carta con un atteggiamento quasi mostruoso elevandosi al di sopra delle finalità maschili. Il giovane è un pò il depositario del comportamento istintivo del cacciatore (una animale di terra, eretto, evoluto), mentre l'adulto nella sua arroganza e supponenza è il depositario di paure ancestrali, del primitivo, un animale d'acqua, l'uomo delle palafitte che si erge quel tanto per non annegare, restando nella suo falso movimento, nella staticità antropologica. Il primo sa usare la parola come uno strumento di difesa (finge) e ha capacità di adattamento; il secondo è incolto (nonostante sia un giornalista) e attacca con le parole per non difendersi. La donna è invece il nuovo animale, un anello di congiunzione, ma anche una mutante.