videobrodaglia
28.9.05
  trailer - Genesis
Non un documentario didattico sulla natura, ma un grande racconto (mito) sul mondo e le creature viventi.


Genesis
 
27.9.05
  prossimamente nel vostro naso
 
25.9.05
  La Fabbrica di Cioccolato


Mi ha lasciato leggermente freddo.
Non che non sia un bel film ma da Burton mi aspetto maggior invenzione.
Ad essere realmente apprezzabile per la visionarietà e, nello specifico, i personaggi di Willy Wonka e Charlie, è il libro di Roald Dahl: una favola scritta con un linguaggio limpido, scorrevole, entusiasmante.

La lettura di Tim Burton è un notevole spettacolo per i sensi, però non presenta il meraviglioso di altri percorsi fantastici tipo "Pomi d'ottone e manici di scopa" e nemmeno quello di "Mary Poppins": mi riferisco ai classici intramontabili perchè è lampante che questo voglia porsi nella stessa lista. Per farla breve e non dilungarmi sui "soliti" anche se indispensabili elogi alla musica, all'interpretazione di Depp e al citazionismo sorridente, il film è ottimo per dialoghi dei bambini e soprattutto (l'aspetto davvero più memorabile!) per le esibizioni degli Umpa-Lumpa (il flash-back della foresta è superbo). Di Tim Burton è presente, diciamo immancabile, la tematica del rapporto padre-figlio che costituisce la differenza più importante con il libro di Dahl, ma cos'altro di nuovo che non sia quello che di Burton già conosciamo?
Lo considero sia uno dei migliori di questo autore per il ritmo e la maturità narrativa, che uno dei più stabili, meno innovatori. Insomma nessun passo in avanti.

Corpse Bride spero sia notevolmente superiore.
 
22.9.05
  Good night, and good luck
Si fa presto a dire cosa non è questo film: non è bellissimo.

Viene selezionato per partecipare al concorso principale di Venezia62 e dopo la prima visione della stampa piovono i complimenti per tutto il lavoro attorno alla figura di Murrow.
Per fortuna il film è stato perfettamente pubblicizzato senza dare un peso eccessivo alla persona di Clooney, alla quale nessuno, pare, aver risparmiato gli elogi per aver confermato di saper abbinare la sua immagine ad una mente impegnata.

Saltando premesse e piccole considerazioni, che cmq mi trovano d'accordo, "Good night, and good luck" è un film che adempie perfettemante al suo compito, cioè mostrare il miglior giornalismo (che sia televisivo o no poco importa), e il miglior uso dello strumento-televisione.
In un epoca di usi decisamente impropri del mass medium per eccellenza, Clooney offre il proprio punto di vista con uno spirito diverso da quello di Moore, ma con la stessa intenzione di avvertire le coscienze. Ci riesce? Si, perchè quando si esce dalla sala (ma anche durante la visione) il confronto con la poca inchiesta nella tv italiana, ma soprattutto il confronto con lo stato del giornalismo in italia, è inevitabile e deprimente.
Per far questo il regista ci inserisce hic et nunc nei difficili meccanismi di programmazione di un settimanale ("See it now", guarda caso). Il film è il programma-televisione, è il giornalismo televisivo che usa il mezzo cinematografico per aplificare se stesso: e non stiamo parlando di un documentario, ma di qualcosa che gli assomiglia molto. L'atmosfera, è stato scritto ovunque, è quella di un telegiornale degli anni '50 che diventa prefettamente l'universo in cui avviene tutto. Così l'intera storia e tutti i personaggi, compreso il protagonista, assumono un aria di innaturalezza, sono fatti della stessa materia della televisione, sono l'anima del televisore, e per questo non sembrano affatto reali, ma sospesi in una densissima e statica rappresentazione del concetto di giornalismo televisivo molto orale, radiofonico.

Volti, gesti, dettagli vengono immortalati, scolpiti dallo sguardo ammirante di George Clooney che dimostra di aver capito la lezione del padre. Ci offre così una sua lezione molto ben costruita con attori di grande bravura, con una sceneggiatura compattissima, uno sguardo e un orecchio sensuale quasi ipnotico (quello del fumo della sigaretta, del jazz che riempie e rassicura con voce materna) e soprattutto con un ottimo uso dei reali filmati che riguardano i processi di e con McCarthy. Il gioco tra finzione e realtà è riuscito perchè tutto il film fa affidamento a questa costruzione sottilissima sempre più addentrante nel reale attraverso l'uso più appropriato degli strumenti del fittizio.
Però è proprio quest'atmosfera irreale, rigida, statica, morta, senza passioni che riescono davvero a spiccare e a sfondare, che non rende il film bellissimo, ma solo bello/sufficiente. Edward Murrow è senza respiro, eppure il suono della sua voce sopravvive alla sua immagine: di Clooney-persona è sorprendente proprio questo far risaltare il messaggio di Murrow più che il corpo-Murrow. Non a caso ciò che ha fatto è già compiuto quando il film inizia e finisce con il discorso di ringraziamento di qualche anno dopo. Nonostante tutto ciò l'estetica del programma televisivo non fa trionfare il film come dovrebbe, che invece resta in un equilibrio senza mai permettersi un'impennata che ce lo faccia ricordare per un momento esemplare.
 
13.9.05
  Les amantes reguliers
È una manna per chi a Venezia quest'anno non ci è andato. Fuori Orario in cambio di qualche migliaio di euro e prima della distribuzione nelle sale, riesce a regalare (anche se mezz'ora prima la programmazione ufficiale... ma tant'è, due miracoli insieme non si possono ottenere) uno straordinario bianco e nero, un grandioso effetto speciale che non è nostalgia ma autocritica, il ritorno al '68 parigino oggi, un'attimo dopo la contestazione e uno prima che tutto svanisca nel vuoto della delusione.

Pochissimi film si imprimono nella mente per la capacità di riuscire a trasudare la realtà dei pensieri, di tutto ciò che è sofferto e percepito. La bellezza del film di sicuro non è tutta nel saper raccontare come un sequel degli affetti il The Dreamers di Bertolucci, ma è anche nell'incredibile e raro talento di donare il senso di universalità e pienezza strabordante come pochi grandi racconti epici. L'impressione può essere quella di aver visto un Heimat di tre ore, senza che appaia come un suo trailer. Ed infatti Ghezzi nel presentare il film ha citato sia la gigantesca saga di Reitz che il lontanissimo Episodio III di Star Wars (punto di raccordo, ritorno ai conti del passato, sequel infinito...) contestualizzandolo, come se ce ne fosse bisogno, all'interno di grandi racconti intimistici attraverso cui passa la Storia.
Il fresco Leone d'Argento è attraversato da tre atti necessari: la contestazione, le conseguenze e la critica all'utopia, l' inevitabile individualismo. La prima parte non ammette altre forme che non siano oggettive e Vere: piani lunghi fissi sulla polizia e carrellate sui contestatori, parole pochissime, creando così un ambiente apocalittico fatto di suoni e sagome. Nella seconda il liet motiv di un pianoforte (che forse c'è), circonda i volti, sempre più vicini a noi, dei ragazzi che tra una fumata d'oppio, gli incontri determinanti alle feste, la fuga dal gendarme e poche/molte parole di autocritica rende tutto eterno. L'epoca delle poche parole è quella dell'inevitabile individualismo: amicizie che terminano, utopie fagocitate dalla realtà, l'amore che dà senso a tutto. La storia è sempre la stessa, ma è il modo in cui è raccontata che ci piace.
Garrel si destreggia tra il senso di amarezza, la consapevolezza di essere l'ultimo cinèfile di Francia a parlare di '68 e tutto il cinema che in 38 anni è stato fatto. E grazie a questo film riesce ad azzerare tutto il cinema della delusione ripartendo da quel preciso ultimo momento dell'utopia, con una personalissima e amara autocritica, che non è lapidaria. L'ultimo diventa uno dei primi.
Tante parole per dire che il film è bellissimo e che adesso solo un altro mi ritorna in mente, L'Atalante di Jean Vigo.
 
9.9.05
  Il Maestro e il Leone


[...] penso che ognuno di noi debba guardare il mondo con i suoi occhi e non attraverso una lente, quindi ognuno di noi deve cercare di scrivere o di disegnare ciò che vede con i suoi occhi.


Ci può parlare del rapporto con i suoi film e con i loro messaggi?
Se avessi saputo trasmettere ciò che penso attraverso le parole non avrei fatto dei film, è lì che dovete cercare ciò che ho da dire.



Cosa pensa dei DVD come supporto per vedere i film anche in lingua originale?
Io non ho neppure un lettore DVD e non ho in programma di comprarne uno.


sentieriselvaggi
 
8.9.05
  F come Fischi (per Faenza)
Più che la durata della Mostra, ai critici e al pubblico abbonato ad un certo punto fa male la gran quantità di film visti ogni giorno, cosìcchè pare quasi automatico scaricare tutto lo stress ottico su un solo film, peggio se è tra quelli più attesi. Non avendolo visto penso che sia stato anche questo uno dei motivi che hanno portato il pubblico in sala a fischiare, ma anche solo a non applaudire o a rigettare senza darlo a vedere, il film di Roberto Faenza. L'anno scorso toccò a Placido e al suo "Ovunque sei", il quale avrebbe dovuto rifarsi dalle stroncature della critica con un buon successo del pubblico alla sua uscita in ottobre; ciò non avvenne, anzi se ne riparlò così poco che non fece più testo la sua scarsa presenza nelle sale.
Riguardo questo di Faenza,"I giorni dell'abbandono", leggo dai giornali e sento dalla tv dei bravi Buy e Zingaretti, ma da quello che ho capito la storia della protagonista è talmente sofferta che credo che eviterò di vederlo a cinema.
Pregiudizio? Solo una semplice scelta. È una storia che adesso non mi interessa per i sentimenti che mette in scena e più in generale è proprio il tipo di storia che cerco di evitare sempre perchè semplicemente non mi dice nulla.
Si, ma come mai alla Mostra non viene proposto un film che può interessare anche il pubblico giovane? Possibilmente un film italiano ed in concorso. Se ce ne sono li troviamo semmai nelle categorie collaterali tipo Orizzonti o Mezzanotte...

Film a parte, pare che Faenza voglia girare il seguito del suo ostracizzato "Forza Italia!" del '78 che dalle intenzioni vuole essere una parola severa verso gli italiani assuefatti:
"Non me la prenderò con i politici, ma con la parte infetta di noi italiani che assiste alla degenerazione di questo paese, alla sua fine, e non reagisce"
Resto in attesa.
 
4.9.05
  Nuovo Cinema Paradiso
Questo film di Tornatore credo abbia fatto su di me lo stesso effetto che fece agli italiani quando uscì. Furono forse i tagli (mezz'ora, mi pare) a renderlo meno sentito dal pubblico, e probabilmente lo stesso pubblico non era pronto per un simile film. Sinceramente non ricordo in quel periodo che film circolavano, nè quale fosse il gusto cinematografico predominante. Credo cmq che Nuovo Cinema Paradiso meriti una visione senza tagli di alcun tipo. Quelli pubblicitari di rete4 me lo resero quasi insignificante.
Molto autobiografico. L'infanzia e l'adolescenza di un ragazzino di un paese siciliano, legate alla magia del cinema. La vita di paese costellata di personaggi felliniani visti da un bambino di dieci anni, la sala di un cinema parrocchiale, anzi la cabina di proiezione del "Paradiso", la figura paterna sempre assente ma sublimata nel cinema ed incarnata in quella di Alfredo... : il fascino del film è soprattutto in questa prima parte. Nella seconda, quella dell'adolescenza, troviamo i tentativi di vivere ad immagine e somiglianza del cinema, e soprattutto la dura costatazione che la vita è altrove da quello spazio e quei tempi della formazione. La fuga forzata. La terza parte in realtà è tutto il film perchè coincide col ricordo di Totò adulto, regista e ancora lontano dall'amore. Indimenticabile il montaggio finale dei baci cinematografici mai visti perchè tagliati. Tutto il film è la cesura dalla memoria nostalgica e l'apertura verso la realizzazione di qualcosa che bisogna credere possibile.
Come si fa ad immaginare un simile film scisso dalla musica di Morricone? È impossibile!
Tornatore sperimenta sempre. L'innocenza e la semplicità di questo film credo stia nella qualità grezza di certe scene: possono o non possono piacere. Adesso come la prima volta, l'adolescenza di Totò mi sembra fin troppo ingenua, dialoghi troppo semplici. Per poterli accettare bisognerebbe pensare che il personaggio e i suoi dialoghi in questa parte sono stati scritti tenendo presente i film romantici della hollywood classica, e non solo. Ma ancora non mi convince. Ciò che però mi dà più fastidio è il doppiaggio di Totò ragazzo e adulto. Le voci mi sembrato distanti dall'attore. C'è poco da fare quanto certe cose non scendono.
 
portate un cucchiaio

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Località: Napoli, Italy
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