videobrodaglia
24.4.06
  Bound - Torbido Inganno
Rivedo dopo moltissimo tempo questo primo film dei fratelli Wachowski che risale addirittura al '96, trasmesso sempre da rete4 e sempre in seconda serata. Un plot innocente: due lesbiche ordiscono un piano per rubare la valigetta piena di soldi che l'uomo di una delle due, un piccolo mafioso, deve consegnare al suo boss. E lo fanno perchè si amano.
Realizzato come un b-movie nei dialogi, nella trama, nella scenografia, pare che sia una buona prova dei futuri registi di Matrix: si notano da subito le somiglianze con quest'ultimo per la fotografia di Pope che abbraccia con il nero tutto il film, e per i suoni affilati del compositore Don Davis. La macchina da presa si muove molto, si privilegiano i primissimi piani e si fa largo uso delle riprese dall'alto. Girato tutto in interni, in un appartamento dall'arredamento pacchianissimo (per intenderci: finto marmo, pavimenti nerissimi, bagno bianchissimo tipo psycho, angolo bar nel salotto, imperium style nel complesso), si fa apprezzare perchè questo è l'unico elemento che mi è davvero piaciuto. Certo ci sono anche due scene lesbo nella prima mezz'ora e le espressioni incazzate di Joe Pantoliano sempre in canottiera, ma è decisamente troppo prolisso. Cede nell'intreccio nel momento in cui i colpi di scena sono troppi e sin dall'inizio quando il personaggio della ladra Corky viene perso per lasciare il posto alla più fatale e procace Violet, la donna del boss. E poi difetti qua e là. Un hard boiled/pulp come questo non può di certo evitare di mostrare amputazioni di dita e corpi perforati accatastati nella vasca da bagno, ma anche il tappeto del salotto imbevuto di sangue. Mi chiedo come sarebbe sembrato se non ci fosse stato l'elemento lesbico: migliore, ma anche troppo convenzionale, diciamo che avrebbe perso tutto. Meglio ancora se l'avessero girato solo in bianco e nero, avrebbe ricordato ancora di più certi film indipendenti vecchissimi o i migliori noir. Apprezabile cmq. L'intento era quello di fare un film sulla fiducia tradita e conquistata vista da due lesbiche che prendono per i fondelli gli uomini, nel dettaglio dei mafiosi abbastanza babbioni.
 
22.4.06
 
 
19.4.06
 
This is something that I dream about: to live films, to arrive at the point at which one can live for films, can think cinematographically, eat cinematographically, sleep cinematographically, as a poet, a painter, lives, eats, sleeps painting.

Bernardo Bertolucci
 
18.4.06
  yoda of the caribbean
 
16.4.06
  Niente da nascondere - Cachè
aggiornamento: può capitare delle volte che si cerchi di interpretare troppo o in modo sbagliato un film o una parte di esso; questo mi ha fatto andare un pò in tilt, e a quanto pare non sono stato l'unico. Rimando a questo link la soluzione di ogni dubbio. La recensione non la cancello... ci ho cmq perso del tempo per scriverla.


Gioco di alta autorialità e poco altro. Sono stanco di andare a cercare nei film qualcosa che andrebbe salvato, lì dove gli stessi registi non si preoccupano di dare al loro lavoro un anima.

Ma perchè dobbiamo ricordarci di questo thriller, volendo, atipico? Perchè è interamente costruito su un solo elemento che possiamo vedere da due lati: il piano sequenza come forma dell'occhio che spia e che provoca, il rimosso individuale e storico che riemerge inteso come "atto non motivato". Scendo nello specifico. Il protagonista del film, interpretato da Daniel Auteil, è il condutorre tv di una trasmissione sui libri; un giorno riceve la vhs di una misteriosa e lunga ripresa da lontano della sua casa. Ma insieme al video viene recapitato anche un disegno che mostra il volto stilizzato di un bambino che vomita sangue. Lentamente scopriremo che il protagonista cela un segreto, un torto causato in un remoto passato, un episodio attraverso cui il regista àncora il richiamo alla situazione politica tra Francia e Algeria. Ed è esattamente questo l'aspetto interessante di Niente da nascondere: rappresentare l'inquietudine e il terrore attraverso il thriller per richiamare in modo atipico un momento storico che deve essere affrontato. Si parla di Francia e Algeria, ma il discorso potrebbe valere anche per America e Medio Oriente, tra qualche tempo forse. Il mistero verrà ovviamente risolto, tutto ci verrà mostrato e ciò che venne riposto nell'intimo ritornerà a galla. Detto così sembra che ci sia un lieto fine, ed invece il film lascia impressioni che non ci piacciono. Sembra che siamo stati ingannati oltre che annoiati. Haneke lavora troppo sull'ambiguità dell'immagine, ne fa un gioco a cui diventa vano e dispersivo partecipare. Alla fine le interpretazioni assurde (sul web ne girano diverse) che prendono spunto dal piano sequenza finale, si allontanano troppo dalla materia del film, facendo quasi concorrenza a quelle su Donnie Darko. Il difetto di questo Cachè è appunto il voler troppo calcare su una riflessione metalinguistica: in fondo Haneke vuole anche avvertirci che l'immagine è fallace, terribilmente ambigua. Ma perchè farcelo sperimentare così tanto sulla nostra pelle? Un'interpretazione l'ho cmq elaborata anche io. Più che pensare ad un'accordo tra i figli, vedrei quell'ultima immagine come un altro avvertimento: la nuova generazione di adolescenti è quella che per prima consuma e produce video senza difficoltà, cosicchè grazie ad essi i figli costringono i padri a fare i conti con i conflitti che hanno provocato in passato. Senza giudicare quello che avviene, Michael Haneke fa uccidere il padre algerino dal figlio che confeziona e recapita i video a sua insaputa, in questo modo l'autore mette in scena l'urgenza di una revisione storica che scaturisce dal dominio dei media sulle nostre vite (intimità). Tutto ne conseguirebbe. Tutto il film potrebbe essere un' auto-emanazione dell' "inconscio" del protagonista ( da dove e da chi provengono quei video diventerebbe così meno importante), o cmq l'effetto della pervasione (ma anche perversione) della tecnologia. Potrebbe essere una interpretazione labile, ma potrebbe anche essere un sottotesto immesso dal regista in modo non consapevole.
 
  Broken Flowers
Difficile parlare di un film umorale che va gustato e apprezzato come un caffè al bar (ovviamente seduti), un' immagine costruita proprio da Jarmusch in quel gran film a episodi che è Coffee and Cigarettes. Concettuale quello, maliconicamente ironico questo. Un'ironia che è cmq vagamente assorbibile se non si riescono a comprendere le espressioni minimaliste del volto con cui Bill Murray scolpisce le sue battute. Jim Jarmusch ci gioca dando al personaggio interpretato da Murray un nome che è tutto un passato di avventure, un archetipo che adesso sarebbe difficile da reggere: Don (Giovanni). Ecco così un film malinconico sulle conseguenze di un'avventura incosciente, insistendo sulla ricerca della madre (e non del figlio di cui si ritrova esser improvvisamente padre) tra le uniche quattro donne che non vede da venti anni. Per noi è un'occasione per ammirare attrici del calibro di Sharon Stone e Jessica Lange, ma anche Julie Delpy, che interpretano donne altrettanto sole e cmq bizzarre, stralunate; per Jarmusch è un modo per creare quattro episodi in cui far parlare persone lontane nel tempo e nello spazio, per imbrigliare in momenti di palpabile squisitezza l'essenza delle caotiche relazioni umane.
Forse il film è lento, ma quanti altri diversi da questo vengono etichettati allo stesso modo? Broken Flowers è di sicuro una storia che non da soluzioni finali, lascia e toglie qualcosa, ma lo fa dando il giusto tempo ad ogni pensiero, ad ogni umore del protagonista. Peccato dunque considerarlo solo "lento". Di Broken Flowers conservo il rosa, colore di tutte le donne e di tutte le possibili avventure, le musiche, di un genere che non saprei definire, l'assenza di tempo come anche l'assenza di vento, la segretaria bionda della dottoressa Lange. Di Jarmusch porterei a casa i tavolini su cui poggiare il caffè e le conversazioni che ci girano attorni.
Peccato che a distanza di qualche ora del film rimane solo un residuo ricordo piacevole.
 
8.4.06
  all is full of bells
C'è un solo video di Bjork che potrebbe non piacerci? Ricordo sempre con due occhi spalancati quello realizzato per la canzone bachelorette da Michel Gondry, una costruzione in abisso (come direbbe un buon semiologo) da far rabbrividire. Questa volta è un certo Dawn Shadforth che per la canzone "Who is it" gioca con pochi elementi del paesaggio islandese scabro, post-vulcanico, deserto, infinito, e una Bjork che indossa un abito bianco tubolare fatto con campanellini. Tutto sottolinea sempre di più l'unicità di una cantante che è costantemente aliena dalla monotonia sia sonora che vocale che visiva. Un video limpido, bianco, argentato, minimalista.
Simpatico anche il sito che si sviluppa in orizzontale.
 
  Il Caimano
Il Caimano è divertente, lo metto al pari dell'ultimo Verdone per la quantità di risate.. anche se bisogna chiedersi quanto può valere una comicità morettiana, direi quasi inconsapevole, confrontata con quella verdoniana. Mi si dice che il primo fa solo ironia (se pure ci riesce) e che il secondo è il vero comico. Eppure mi sento di scrivere che Moretti potrebbe davvero farci ridere, ma di stomaco. Basterebbe che fosse ancora più naturale e sarebbe la perfetta sintesi tra l'onorevole Trombetta e Totò. Fantascienza, certo, come il suo film. Non è vero che nel presentarlo da Fazio l'ha etichettato in questo modo? :) Di politica ce n'è davvero poca: viene sfiorata perchè è rappresentata (quella sagoma di Berlusconi) con molta autorevolezza di intelletto e di ironia. Che poi sia tutta presunzione o grande dote intellettual-artistico-comunicativa, questo ognuno deciderà. Però ci si diverte, soprattutto nella prima parte, quella luminosa (o almeno non ancora cupa), quella in cui Moretti ci avverte metacinematograficamente che questo film in Italia non sarebbe esistito mai se non se ne fosse davvero avvertito il bisogno. Un ragionamento che fila: il concetto fondante del film è il bisogno, tolto quello non abbiamo politici, non abbiamo intellettuali e tanto meno il film (anti-materia inoffensiva). Ecco che mette in scena critici di ogni tipo, generi cinematografici che si autorivalutano, sceneggiature che si autogenerano nel momento in cui diventano film, e, meglio ancora, valigie piene di soldi che cascano dal cielo sfondando il soffitto del più alto ufficio milanese dell'italiano più furbo e sorridente, quello che ha una buona definizione non solo per se ma anche per quelli che lo odiano. Proprio come accadeva a Donnie Darko, solo che lui era mezzo fatto.
Nanni Moretti. Del Caimano si è detto che si sviluppa su almeno tre livelli: la famiglia, il cinema e la politica. Ho è escluso il terzo, rido con il secondo, del primo dico che credo di aver passato troppo poco tempo con i lego...
Voglio concludere seriamente. Nanni Moretti ha bisogno di andare in tv, ha bisogno di fare qualcosa per la tv. Lo si vede da come muove la macchina da presa: è un film per la tv, per la miseria! Lui ha davvero bisogno di esprimersi in maniera ancora più popolare :)
 
portate un cucchiaio

Nome:
Località: Napoli, Italy
ARCHIVES
settembre 2004 / ottobre 2004 / novembre 2004 / gennaio 2005 / febbraio 2005 / marzo 2005 / aprile 2005 / maggio 2005 / giugno 2005 / luglio 2005 / agosto 2005 / settembre 2005 / ottobre 2005 / marzo 2006 / aprile 2006 / maggio 2006 /


Powered by Blogger