videobrodaglia
22.10.04
  La mano sinistra della violenza
Per difendere il proprio onore lo spadaccino errante Lei Li deve sfidare un corrotto maestro di arti marziali: dal duello ne uscirà con un braccio che lui stesso si è amputato col la propria spada per mostrare la propria sconfitta, e con il giuramento di non combattere più.

Questo è l'esordio di un bellissimo film del genere wuxia pian datato 1971 e diretto da Chang Cheh, uno dei due registi che hanno glorificato il genere popolare dello wuxia pian. È tra quei film commercialissimi che avevano molto successo ad Hong Kong, nello stesso periodo in cui Bruce Lee furoreggiava dalla Cina col suo kung fu.
Sembra strano esprimere un giudizio talmente positivo per un film così relativamente scadente? Non credo. I movimenti di macchina di questo e altri film del genere hanno ispirato molti registi di oggi. Figure e stilemi li ritroviano in tante pellicole a noi più vicine (di John Woo e nell'ultimo Tarantino). I duelli sono magistralmente coreografati (quelli eroe vs cattivissimi per esempio) e coinvolgenti, esplicitamente violenti (l'amputamento del braccio destro, il colpo mortale sferrato in volo per troncare in due parti il corpo dello spadaccino Feng Chun-Chieh), nessuna sbavatura per i personaggi, interpretazioni anche queste memorabili. Un film assolutamente da vedere per chi ama i duelli con la spada giapponese.
La coreografia dei duelli potrebbe forse risultare stilizzata e ridicola, ma in nessun altro film recente (Matrix o Kill Bill addirittura tra tanti) si vede combattare con tanta competenza.
La scena forse più curiosa e divertente è quella in cui vediamo Feng Chun-Chieh steso su una corda (si, su una corda!) tra due alberi come per riposarsi su un amaca, e quella successiva in cui Feng e Lei Li parlano seduti con molta naturalezza sulla stessa corda.

Uno dei titoli internazionali del film è "Triple Irons" e si riferisce all'unica tecnica di attacco che Lei Li dovrà sferrare per uccidere il maestro corrotto: una tecnica alla cui attuabilità nemmeno il maestro credeva, ma che Lei Li riuscirà eroicamente a sfruttare pur con una mano sola, appunto la sinistra.



In America è conosciuto come "
New One-Armed Swordsman", uno dei film della trilogia prodotta dagli Shaw Brothers.

Per altre info -->
hkx.it

 
21.10.04
  Piccolo omaggio a Francois Truffaut

1984-2004


Evito la retorica delle commemorazioni per elencare alcuni temi della sua opera:
  1. l'infanzia, alla Vigo e alla Dickens
  2. la violazione del genere cinematografico
  3. l'anelito di assoluto, in genere attraverso l'amore impossibile
  4. la trasgressione individualista, attraverso la negazione di ogni ordine sociale; un anarchismo teorico, ma un nichilismo spontaneo, un paganesimo naturale alla Rousseau, che è bisogno di libertà; il limbo in cui vivono gli anti-eroi di Truffaut non è quello di rivoluzionari né quello degli onesti padri di famiglia; questi anti-eroi hanno qualcosa dei primi (il senso di soffocamento al cospetto dell'ordine sociale) e dei secondi (il prezzo dell'integrazione è la sconfitta degli ideali di purezza e libertà)
  5. il rapporto misogino fra l'uomo fragile e timido e la donna forte, determinata ad affermare la propria personalità.

La compostezza classica del cinema di Truffaut non contempla l'inseguimento spettacolare della trama, ma un pedinamento minuzioso dei personaggi, colti nella loro umanità.

Citazioni

Un film rappresenta più o meno nove mesi di lavoro, che corrispondono ad una gravidanza, ora al cinema la quantità di informazioni e notizie che si trovano nel prodotto finito ha più o meno l'importanza di una pagina di giornale. Se uno scegliesse di far cinema perché ha qualcosa da dire sarebbe molto ingenuo, perché farebbe più in fretta a dirlo francamente in una conferenza o in un programma televisivo. Quindi uno non fa cinema perché ha delle cose da dire, ma perché ha qualcosa da mostrare al pubblico.

Per me un film deve "scorrere" come una musica, deve far pensare ad un concerto più che ad una serie di quadri di un museo. Penso che il cinema abbia molto a che vedere con la musica perché è un’arte della durata, per questo è ancora la musica che gli somiglia di più. I film che preferisco sono film «musicali», che danno cioè l’impressione di musicalità. come in un concerto, in un film si susseguono momenti meditativi, agitati, ci sono dei crescendo, il finale…

Fin da quando ero critico ho sempre pensato che i film sono destinati a tutti, non ho mai creduto che i film destinati a una élite siano migliori. Ho una concezione "popolare" del cinema, mi piace l'idea che della gente (senza preclusioni) si raduni in una sala buia; se poi un film non piace a tutti è un altro discorso. Quando filmo un sogno in un film faccio chiaramente vedere che si tratta di un sogno, non mi piace filmare delle inquadrature immaginarie presentandole come reali; non si deve giocare con la buona fede del pubblico, non voglio che la gente stia lì a scervellarsi sul significato nascosto di un'inquadratura, o sulla collocazione di una scena. Un film è come un discorso che si rivolge a della gente che attende nel buio di una «sala-chiesa»; questo discorso deve essere chiaro, avvincente, intrigante. Faccio dei film «pour intriguer et envoûter», per affascinare e stregare, non per "educare".

tratte da un libro-intervista di Aldo Tassone "Francois Truffaut, professione cinema"



 
16.10.04
  Hero


Ha meravigliato, ha annoiato, ha deluso: ha soprattutto diviso. Nessun grande scontro d'opinioni a livello nazionale, ben inteso, solo una delusione per chi sperava che questo fosse un capolavoro di Zhang Yimou. A ben guardare gli elementi ci sono tutti, o almeno potrebbero esserci perchè l'unica qualità che ci permetterà di ricordarlo (oltre le sue vicende distributive) è la fotografia. Dei tre nomi circolati attorno a questa pellicola, infatti solo quello di Christopher Doyle può davvero risaltare: Yimou si avventura nel wuxia pian iniziando la sua personale trilogia e Tarantino alimenta la sua popolarità (ancor di più) permettendone la distribuzione in quei Paesi ancora sventurati. Il protagonista è Senza Nome (non il Nessuno odisseico, altro eroe diversamente astuto), un prefetto di uno dei tanti regni che verranno uniti nell'attuale Cina, che resosi popolare per aver ucciso gli attentatori del Imperatore, viene da lui ricevuto per narrare la storia della sua impresa. L'impresa però ha tanto del leggendario quanto del costruito ed infatti essa servirà per poter (forse) uccidere finalmente l' Imperatore. Mettendola sul piano strettamente meta-narrativo, il film ripercorre l'espediente già visto in Rashomon di Kurosawa, cosicchè uno dei temi è il potere della finzione grazie al quale è possibile unire un popolo o permettere che divenga ancor più unito (vedi implicazioni politiche). Ma il film si dichiara ben presto come un piccolo bignami sulla filosofia orientale della spada: non arma ma estensione spirituale della fermezza e saggezza umana.

Una spada come una penna, la difesa come l'arte della calligrafia; e di nuovo la spada/calligrafia come unione degli opposti (Spada spezzata e l'Imperatore). Al di là di letture simboliche in cui un semiologo del cinema potrebbe sguazzare, il film è un grande affresco, un trionfo dei cromatismi, un lungo e leggero duello: immagini pulite per il nostro sguardo troppo affetto da kaleidoscopici effetti cinetico-digitali. La grande visività delle immagini pone il film a livelli ben superiori rispetto a tanti altri visti negli ultimi anni: onore al direttore della luce sopra citato. Eppure oltre la perfezione formale sembra mancare un pò dell'anima che ci avrebbe resi ancor più meravigliati. I duelli sono molto naturali e coerenti con se stessi, mai veramente esagerati come potrebbero essere quelli di fabbrica occidentale. Ciò che però traspare in modo quasi evidente è una fotografia troppo "di superfice" decisamente senza luminosità, mai viva seppur i colori siano molto più che vivaci e potenti. Ad una prima visione sembra che le immagini si consumino subito dopo averle guardate, non si fa in tempo ad ammirarle che qualche attimo dopo si dissolvono come nell'aria, in quel vento che sorregge i protagonisti. Ecco, i colori si consumano e così anche il film. Una pellicola sul vuoto non temporale (perchè le varie versioni, le tre morti dei due amanti ne moltiplicano questa dimensione non vorrebbero renderlo lento), ma spaziale: immense panoramiche che solo il vento, con i sui pulviscoli fatti di frecce e foglie, può riempire; vanamente i personaggi riescono con il loro volteggiare (straordinario) a giocare con questo spazio immenso. L'imperatore fa svuotare il suo palazzo per poter meglio vedere i suoi avversari, e Senza Nome di storia in storia riduce sempre di più la sua distanza da lui. Ed è sempre Senza Nome ad aver scommesso tutta la sua vita (ma anche altre 3) per riempire con un portentoso ed eroico slancio i 10 passi che l'avrebbero separato dal suo obiettivo. 10 passi per una storia, un colpo mortale, una parola, per l'unione del popolo cinese. Alcuni hanno sottolineato una certa lentezza nel film, insolita ed erronea in un wuxia pian; personalmente ho trovato il ritmo in accordo col contenuto, non mi ha annoiato.
Hero è un film sulla spada come continuo mentale dell'uomo, e questo dovrebbe bastare ;-)



aggiornamento: a suo tempo cercai e trovai troppi difetti che nel film non ci sono o almeno non sono così evidenti da ritenerli gravi.


 
portate un cucchiaio

Nome:
Località: Napoli, Italy
ARCHIVES
settembre 2004 / ottobre 2004 / novembre 2004 / gennaio 2005 / febbraio 2005 / marzo 2005 / aprile 2005 / maggio 2005 / giugno 2005 / luglio 2005 / agosto 2005 / settembre 2005 / ottobre 2005 / marzo 2006 / aprile 2006 / maggio 2006 /


Powered by Blogger