videobrodaglia
16.10.04
  Hero


Ha meravigliato, ha annoiato, ha deluso: ha soprattutto diviso. Nessun grande scontro d'opinioni a livello nazionale, ben inteso, solo una delusione per chi sperava che questo fosse un capolavoro di Zhang Yimou. A ben guardare gli elementi ci sono tutti, o almeno potrebbero esserci perchè l'unica qualità che ci permetterà di ricordarlo (oltre le sue vicende distributive) è la fotografia. Dei tre nomi circolati attorno a questa pellicola, infatti solo quello di Christopher Doyle può davvero risaltare: Yimou si avventura nel wuxia pian iniziando la sua personale trilogia e Tarantino alimenta la sua popolarità (ancor di più) permettendone la distribuzione in quei Paesi ancora sventurati. Il protagonista è Senza Nome (non il Nessuno odisseico, altro eroe diversamente astuto), un prefetto di uno dei tanti regni che verranno uniti nell'attuale Cina, che resosi popolare per aver ucciso gli attentatori del Imperatore, viene da lui ricevuto per narrare la storia della sua impresa. L'impresa però ha tanto del leggendario quanto del costruito ed infatti essa servirà per poter (forse) uccidere finalmente l' Imperatore. Mettendola sul piano strettamente meta-narrativo, il film ripercorre l'espediente già visto in Rashomon di Kurosawa, cosicchè uno dei temi è il potere della finzione grazie al quale è possibile unire un popolo o permettere che divenga ancor più unito (vedi implicazioni politiche). Ma il film si dichiara ben presto come un piccolo bignami sulla filosofia orientale della spada: non arma ma estensione spirituale della fermezza e saggezza umana.

Una spada come una penna, la difesa come l'arte della calligrafia; e di nuovo la spada/calligrafia come unione degli opposti (Spada spezzata e l'Imperatore). Al di là di letture simboliche in cui un semiologo del cinema potrebbe sguazzare, il film è un grande affresco, un trionfo dei cromatismi, un lungo e leggero duello: immagini pulite per il nostro sguardo troppo affetto da kaleidoscopici effetti cinetico-digitali. La grande visività delle immagini pone il film a livelli ben superiori rispetto a tanti altri visti negli ultimi anni: onore al direttore della luce sopra citato. Eppure oltre la perfezione formale sembra mancare un pò dell'anima che ci avrebbe resi ancor più meravigliati. I duelli sono molto naturali e coerenti con se stessi, mai veramente esagerati come potrebbero essere quelli di fabbrica occidentale. Ciò che però traspare in modo quasi evidente è una fotografia troppo "di superfice" decisamente senza luminosità, mai viva seppur i colori siano molto più che vivaci e potenti. Ad una prima visione sembra che le immagini si consumino subito dopo averle guardate, non si fa in tempo ad ammirarle che qualche attimo dopo si dissolvono come nell'aria, in quel vento che sorregge i protagonisti. Ecco, i colori si consumano e così anche il film. Una pellicola sul vuoto non temporale (perchè le varie versioni, le tre morti dei due amanti ne moltiplicano questa dimensione non vorrebbero renderlo lento), ma spaziale: immense panoramiche che solo il vento, con i sui pulviscoli fatti di frecce e foglie, può riempire; vanamente i personaggi riescono con il loro volteggiare (straordinario) a giocare con questo spazio immenso. L'imperatore fa svuotare il suo palazzo per poter meglio vedere i suoi avversari, e Senza Nome di storia in storia riduce sempre di più la sua distanza da lui. Ed è sempre Senza Nome ad aver scommesso tutta la sua vita (ma anche altre 3) per riempire con un portentoso ed eroico slancio i 10 passi che l'avrebbero separato dal suo obiettivo. 10 passi per una storia, un colpo mortale, una parola, per l'unione del popolo cinese. Alcuni hanno sottolineato una certa lentezza nel film, insolita ed erronea in un wuxia pian; personalmente ho trovato il ritmo in accordo col contenuto, non mi ha annoiato.
Hero è un film sulla spada come continuo mentale dell'uomo, e questo dovrebbe bastare ;-)



aggiornamento: a suo tempo cercai e trovai troppi difetti che nel film non ci sono o almeno non sono così evidenti da ritenerli gravi.


 
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