Lost in Translation è un ottimo film perchè rende molto chiaro il senso di dispersione che caratterizza la post-modernità. L'ambiente dell'hotel non è claustrofobico, ma soffuso, ovattato, non opprime ma agisce indisturbante come uno sfondo virtuale. I due personaggi non possono che conoscere la città di Tokyo attraverso la sua stramba oggettistica e la buffa e mediocre televisione; ma solo apparentemente questa città è diversa dalle altre. Essa è solo un quartiere diverso o un nuovo appartamento dello stesso e unico villaggio globale, dunque niente di nuovo nemmeno tra le aspirazioni e i gusti della gente giapponese. La Coppola ha saputo centrare il discorso post-moderno sul non-luogo facendo emergere la purezza e la semplicità di una relazione fugace ma incisiva. La scena dell'imbarazzante discussione dei due americani sul letto è quella più rappresentativa del loro rapporto: presente e futuro incerti, entrambi non sanno che direzione far prendere alle loro azioni. Si vive il momento. L'ultima sequenza è invece quella più toccante: pochissime parole e un abbraccio tra la gente che non vuol sapere di essere freddo, vere e proprie particelle virtuali. In modo diverso, perchè più verbosa, la grande e anomala pellicola di Richard Linklater "Before Sunrise" mette in scena un simile romanticismo malinconico ma molto più deciso e rivoluzionario: stessa, o quasi, unità di tempo e di luogo, quella di Linklater fa accarezzare il rapporto intellettuale di due anime sconosciute ma aperte alla ricerca delle affinità. In questo film della Coppola, i due personaggi posseggono invece la facoltà primordiale di scoprire e lasciare un mondo: vederlo la prima e ultima volta.