videobrodaglia
24.6.05
  La ragazza con l'orecchino di perla
Molti film sulla pittura sono grandi agiografie più o meno riuscite sull'artista, le sue difficoltà economiche, le sofferenze esistenziali, la rappresentazione dell'atto creativo, il genio dietro ogni opera, la fama e la morte. Peter Webber con "La ragazza con l'orecchino di perla" lascia fuori una volta tanto questi sviluppi, decidendo di portarci all'interno del dipinto.
Letteralmente inquadrati, sia lo spettatore che i personaggi danno e subiscono il movimento della composizione che sempre più esige di essere seguita nel suo segreto. La ragazza del titolo/quadro è fin dall'inizio pedinata da un fascio di luce che le illumina il capo, il volto e gli occhi, cercando e trovando un affanno claustrofobico che risiede nella compostezza e nell'obbedienza. Il film scova, fa emergere ma non dà soluzione alla sofferenza racchiusa in un dipinto. La stessa sofferenza di cui la ragazza è il punto di applicazione e il committente colui che la esercita attraverso la suocera, il pittore e la moglie: tutti penetrati dall'arte come l'ago penetra il lobo della ragazza. Ogni ruolo è una funzione dell'arte, espressione tangibile e libidinosa dell'animo umano.
Il film, in quanto quadro in movimento, ci permette di toccare il tratto di Vermeer al prezzo di far solo sfiorare i suoi personaggi col tatto e le poche parole. E a ben vedere è proprio il tatto il senso più sviluppato dai due uomini sulla ragazza. La metafora sessuale, così, è al centro di gran parte della storia: lo stupro è la sua forma più evidente. Il buco nell'orecchio necessario per ricavare l'ombra dell'orecchino di perla sul collo è il prezzo che qualcuno deve pagare per soddisfare il piacere della ricchezza. Metafora sessuale esplicita anche quando Vermeer chiede alla ragazza Griet di inumidire le labbra, di togliersi il copricapo bianco per osservare meglio il volto pallido, facendole così scoprire la parte del corpo più intima, i capelli.

Fotografia, nemmeno a dirlo, sopraffina, interpretazioni molto convincenti. La scenografia è davvero l'elemento che sorprende di più perchè nella necessità di far parte dell'intento pittorico del film, non scade nel ruolo di semplice sfondo. Anche solo per questo motivo il film meriterebbe di essere ricordato come metro di riferimento per tutti i film in costume.


In verità il film mi fa pensare anche alla donna come modello della rappresentazione e soprattutto al modo in cui assolve oggi a questo compito: dalla moda alle foto dei calendari. Differenze abissali :-|

 
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