Noi albinoiSiamo all'ultima lettura, l'ultimo remake della storia già sentita e vista sul ragazzo prodigio non compreso dalla scuola, non sostenuto dalla famiglia e limitato da un ambiente sociale chiuso in se stesso. Il regista ha indovinato l'unica storia che può essere ambientata nella sua patria creativa, l'Islanda, trasformandola nella vicenda sottilmente ironica di un ragazzo albino in un paese quasi nascosto dal bianco della neve, e in un altrettanto ironico gioco di percezioni: chi è più albino, il protagonista o il luogo in cui vive? È il caso di dirlo, l'ironia della sorte giocherà col protagonista fino alla fine: i tentativi che attua per scappare dalla cittadina e dalla patria ghiacciata (un luogo inesistente addirittura sulla stessa cartina del mondo presente nel museo locale!) saranno inutili finchè una vera e propria manna biblica che cadrà dalle montagne non lo salverà da chi voleva trattenerlo. Nulla di nuovo nel cinema, si potrebbe aggiungere. In un certo senso è vero; la storia anche se già vista è rimaneggiata in modo da non passare inosservata. La forza del film è nella sua ambientazione e il regista Dagur Kari ne ottiene il massimo che può offrire alla storia. La fotografia e l'interpretazione del protagonista svolgono ruoli fondamentali. Tra il pallido, il ghiacciato e sottili blu e verdi si articola la percezione dell'Islanda in letargo dall'umanità, inibitoria come anche un africano potrebbe immaginarsela, stereotipata in modo così grottesco da farci avvertire compassione. Noi (si legge "noui") è l'incarnazione perfetta dell'Urlo di Munch (ma anche il ritratto da giovane dell'arbitro Collina): una larva umana con cappellino e poche parole, nessuna per urlare, tutte per scappare. Forse nel Nord del mondo questo film era necessario per risvegliare la voglia di non farsi schiacciare dalla natura che tanto dà alla loro anima, ma tanto toglie alla loro umanità e creatività; una popolazione che ha forse bisogno di più valanghe interiori che concrete per non morire nel proprio guscio. Noi appare perciò come il figlio, la sintesi dell'incontro tra la natura e gli esseri umani, il feto che non deve essere abortito, il superstite, l'uomo nuovo che simboleggia l'evoluzione e un "nuovo popolo" (?): nel finale Noi non scapperà più verso le Hawaii, ma continuerà a sognare il mare e la spiaggia, di certo con più libertà. Il Nord ha ultra-premiato questa pellicola che Sky non smette di far girare. La rivelazione è nell'istantaneità, esemplarità e sincerità del suo messaggio, da un mondo che ci è lontanissimo.
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