videobrodaglia
24.4.05
  Forgotten Silver
1996. Peter Jackson non ha ancora messo piede nella Terra di Mezzo quando realizza questo falso sull' incredibile scoperta, fatta da lui stesso, di una quantità di film di uno sconosciuto e dimenticato cineasta neozelandese, genio e pioniere del cinema mondiale, tale Colin McKanzie. Questo cognome, secondo il regista, nasconderebbe una personalità ben superiore a quella di Orson Welles e un genio più audace e innovativo di Griffith, Chaplin e Gance messi insieme. L'inganno enunciativo è progettato e portato a termine guardando con un occhio al noto capolavoro di Woody Allen, Zelig, e con un altro al pubblico in sala che dovrebbe abboccare nel migliore dei modi ad un documentario spuntato dal nulla, come il presunto regista di una terra lontanissima.
Cos'è che non va in Forgotten Silver? L'incoerenza con la realtà. L' arma di Peter Jackson credo sia, per noi europei, principalmente una sola: geografica. Adesso, la credibilità di un tale documentario può poggiare fino ad un certo punto sulla lontananza della fonte: va bene che della Nuova Zelanda nessuno sa niente, ma riempire questo vuoto con una tale rivelazione e rivoluzione storica di portata mondiale sembra eccessivo, da un certo punto in poi del documentario. Eccessivo perchè, nonostante nell'ultima mezz'ora si giochi la carta dell'ironia iperbolica, più che sulla sua iniziale coerenza con la realtà, essa si spezza diventando solo un film interessante dal punto di vista linguistico. Ed è solo per questo che le immagini del "grandioso" film Salomè, trovato proprio tra le rovine del set in cui era stato girato (!), pare interessare di più. Quando ancora Il Signore degli Anelli doveva conquistare il mondo, Peter Jackson era poco più di un emergente regista di film horror-splatter; oggi sappiamo quanto la sua formazione di regista debba molto alla visione di classici film kolossal, tipo King Kong. Le immagini di quel sorprendente Salomè si presentano perciò come un omaggio e una versione embrionale di quella che sarà la sua trilogia. Ritornando al film, esso risulta credibile solo nella prima mezz'ora, in cui ci affidiamo alle testimonianze del produttore Weinstein e dell'attore Sam Neill, dando per vero che sia esistito un regista che ha filmato il primo volo umano o che ha inventato la prima carrellata (legando la cinepresa ad una bicicletta); però l'inganno non regge successivamente nè per lo storico del cinema, nè per il pubblico ignorante di tante nozioni specifiche, quando ci viene detto e mostrato il primo film sonoro (parlato in cinese stretto, dunque non avrebbe mai fatto testo) e addirittura il momento del sacrificio militare del regista mentre era in guerra a Gallipoli. Insomma la seconda mezz'ora annoia non riuscendo più a stupire. Quando si dice "un film riuscito a metà"...
Nonostante ciò la cura nel ricreare i disturbi della pellicola dell'epoca, la composizione dell'immagine, la classicità di quelle prime riprese sono ben riuscite. È però bene dire che la perfezione dei filmati di Zelig non è completamente raggiunta e a volte pare che l'unica contraffazione dell'immagine sia solo nel colore e nella sgranatura.


Ai neozelandesi questo documenario, anzi mockumentary, venne mostrato in tv e... destabilizzò l'intero paese. Io l'ho visto ieri per la seconda volta e non trovo che sia un capolavoro, come qualcuno scrive. È un omaggio ludico, certosino e spensierato al cinema, ma niente di più.
 
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