videobrodaglia
2.2.05
  The Aviator
Il vecchio maestro seguendo le letture del bravo DiCaprio (ri)porta sullo schermo il produttore e visionario Howard Huges: in vita poteva ottenere tutto ciò che voleva, da leggenda americana e del cinema ottiene un film che lo dipinge come creatura divinamente onnipotente, ma umanamente limitata. La visionarietà di quest'uomo non aveva limiti economici e temporali. La gestazione del film "Hell's Angels" è da guinnes dei primati: due anni per qualche nuvola di meno. Più aerei, più velocità, più cineprese.
Più ossessione o più sogno non credo che lo stesso Huges sapesse cosa fosse la sua sete grandezza. Forse era solo sete di latte, un eterno ritorno alla madre e a quel bagno che per sempre l'avrebbe reso fobico verso i batteri: la paura per quanto di più piccolo e invisibile possa esserci. Le sequenze delle prove di volo sono tra le meglio realizzate perchè portano con se lo stile scorsesiano e perchè accompagnate da un'energica musica di Howard Shore. Quelle della festa ricordano "New York, New York" e ci presentano il giovane Huges la cui mente è sempre intenta a pensare a donne e ad affari nel cinema.
Huges è l'uomo che agisce come ispirato, posseduto da una voglia irrefrenabile di ampliare il suo spazio di esistenza (anche quando si chiude nella sala di proiezione in realtà sta facendo i conti in uno spazio, una caverna, mentale per rimodellare lo spazio fisico esterno); è un big fish che non si espande nello spazio stretto del mondo, ma che espande il mondo per starci ancora più largo. Se Marilyn Monroe è l'icona di una bellezza divina, pura e soffocata dallo sguardo maschile, Huges è l'icona di una grandiosità divina minata dal suo stesso riflesso, quello dell'irrisolto edipico. "Il modello del futuro, il modello del futuro, il modello del futuro, il modello del futuro". Howard Huges lo accogliamo davvero nella nostra memoria quando sentiamo queste sue ultime e ripetitive parole, pronunciate allo specchio dell'inconscio.

Scorsese si è divertito a ricreare magnificamente con musica e scenografie, nonchè con buone interpretazioni, il periodo d'oro di Hollywood senza aver lasciato su di esso un altrettanto giudizio forte e sentito alla figura di Huges. C'è una constatazione da parte sua del limite umano al sogno, al genio che qui non è portatore di un ideale (come invece il Tucker di Coppola, che guarda caso chiede al grande produttore un aiuto finanziario per la sua auto del futuro), ma è solo un agire vuoto da riempire con la compassione, quella dello spettatore non di altri. Dunque è un discorso chiuso, una tesi dimostrata sulla leggenda, sul mito e l'icona del cinema e di una nazione che paradossalmente limita se stessa. Un giudizio profondo anche sull'America di quegli anni e di sempre, ma senza incedere troppo su questo aspetto.

The Aviator è un film che avrebbe potuto immergerci di più nel cinema (riesce quasi meglio, da questo punto di vista, il deludente "Sky Captain", anche se la matrice è diversa...). Vaste scenografie, ricostruzioni, luci, ma è tutto visto da uno sguardo più alto dello stesso Huges. Scorsese non ci rende davvero partecipi del momento storico, ci distacca quel tanto per poter compatire la figura di Huges. Grande destrezza nelle sequenze di volo dove mostra una certa pulizia di movimenti (e ci mancherebbe), ma non molto che possa lasciare il segno. Non cade nel dramma retorico di molti biopic, c'è da notarlo, ma ci lascia, a conti fatti, come spettatori in un limbo impreciso. E forse questo è il cinema postmoderno di Scorsese? Non l'ho apprezzato fino in fondo. Cmq, bellissima Kate Beckinsale.

 
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