21 Grammi - Il peso dell'animaLo spunto è semplice, sembra una di quelle curiosità che si leggono su Newton o Focus: quando muoriamo perdiamo ventuno grammi di peso. Perchè proprio ventuno? Cosa sono quei ventuno grammi? Ad Inarritu non interessano spiegazioni scientifiche, questo numero gli serve solo per dirci che una certa quantità del nostro corpo, il senso della vita (la sua direzione) ci sfugge via. La pretesa di dare senso a ciò che accade con un atto indiscusso di fede o con la consapevolezza scientifica che tutto ha un ordine numerico nel mondo, non ci esimia dal constatare che quanto perdiamo nella morte non è più recuperabile nella vita.
Sottotitolo sbagliato, secondo me. Dell'anima non si parla, il film insiste sull'aspetto contingente della vita: il corpo che cede, che viene sostituito, ferito, pesante, ucciso, inutilizzabile; aperto, perforato, cancellato. Molto "fisica" anche la narrazione che procede per inquadrature strette sui volti e sui corpi tramite movimenti di macchina a spalla e una fotografia sgranata. Ma è il montaggio l'aspetto che più interessa al regista. Frantumazione postmoderna del tempo in unità da ricostruire seconda la logica dell'effetto. La prima mezz'ora è spiazzante proprio per la temporalità spezzata in flashback e flashforward (mai tali fino alla loro ricostruzione), poi ci si abitua e si inzia a tessere la logica della storia. Cede quando essa sfuma e a reggere il film rimangono le interpretazioni di Sean Penn e Naomi Watts, perdendo di vista Del Toro ormai già vittima della vendetta. Il montaggio può ben sostenere la storia per una buona metà del film, però non crea tensione ma scene intensamente drammatiche. C'è da notare però che il montaggio tende a ricreare la casualità dei rapporti sociali, relazioni che hanno un senso solo perchè noi vogliamo darne e non perchè lo presuppongono (come invece in una logica cristiano-ortodossa). Bisogna ringraziare le ottime interpretazioni dei tre attori (in particolare del Toro) se la drammaticità del film non cede mai. Il finale. Sean Penn è insanguinato, a pochi passi dalla morte: a spararlo è stato Del Toro o la Watts? Si gioca su questo interrogativo che poi non ottiene nemmeno una grande soluzione narrativa (niente di veramente nuovo, insomma). Più interessante invece il destino di Del Toro: si auto-dichiara colpevole dello sparo (senza esserne responsabile), per obbedire a quello che ritiene il suo cammino di cristiano penitente.
Insomma si becca la sufficienza e poco in più per il montaggio della prima mezz'ora e per le interpretazioni (la Watts la facevo più bellina...), in attesa di vedere "Amores Perros" che pare sia migliore.
¶ 11:11 AM