videobrodaglia
23.1.05
  La foresta dei pugnali volanti
Due Zhang Yimou in tre mesi! Sempre affascinanti i duelli volanti o voli duellanti. Non posso negare che mi esalto quando vedo due cinesi che volano mentre cercano di uccidersi, il tutto con grande maestria.


"Hero" e i "Pugnali volanti" sono due film alquanto diversi per intenzioni e per realizzazione, affiancarli per scrivere di quest'ultimo una recensione è il compito più facile e ingiusto, ma inevitabile. Zhang si butta sul genere wuxia omaggiandolo, lo resuscita nella sua forma originale e ci meraviglia, questa volta con la motivazione di raccontare una storia d'amore. Ecco quello che mi piace in questo film, come anche altri provenienti dall'Oriente: gli effetti non sono fini a se stessi, abbiamo una storia melodrammatica che si articola sullo sfondo di una guerra tra impero e ribelli. Ambientazione e melodramma si amalgamano così come tutti gli elementi che ne fanno parte in un meraviglioso etereo e poetico. Il film si esprime al meglio nelle coreografie e nei costumi, nonchè nella eccellente fotografia di Xiaoding Zhao, alla sua prima esperienza col cinema(!).



I personaggi sembrano essere volati via dalla superfice di un vaso di ceramica cinese: i tessuti e i disegni geometrico-simmetrici sono un abbaglio per gli occhi e anche gli ambienti in cui avviene la storia sono curatissimi nei minimi dettagli. La fotografia qui assume un diverso valore nell'articolazione dei cromatismi. Se in "Hero" si scaglionavano simbolicamente, ma anche un pò piattamente, i diversi colori della sfida e della menzogna, ne "I pugnali volanti" le sfumature di verde nella foresta di bambù o quello del blu nella scena iniziale sono concreti; c'è maggior e minor profondità tra i personaggi e l'ambiente in cui agiscono. L'astrattezza a cui mirava Hero qui è persa, la storia è più terrena: i sentimenti giocano un ruolo importante nella storia, non come in Hero dove le storie sovrastano le reali intenzioni. Il fascino visivo però non risparmia alcuni aspetti non proprio perfetti. La musica di Shigeru Umebayashi è tra gli elementi che difettano perchè troppo poco influente in alcune scene e il tema d'amore è una melodia che risulta pedante, forse perchè sembra avviarsi sulle note del main theme de Il Padrino (riascoltare per credere...). I dialoghi sono semplici e ingenui.

La scena iniziale è il fulcro dei giochi di identità che muovono tutta la vicenda: essa può forse risultare spiazzante per i suoi movimenti di macchina teatrali e per i dialoghi poco sentiti dai personaggi, ma rappresenta in un certo senso il meraviglioso del film grazie anche, e soprattutto, al "passo dell'eco danzante" dove Zhang Ziyi mostra tutta la sua bravura di ballerina. La sequenza nella foresta di bambù è la più spettacolare, un passo obbligato per il regista che vuole obbedire a tutti i canoni del genere wuxia. L'apparire dei guerrieri della Casa dei pugnali volanti ha, poi, una potenza visiva e mistica che ricorda molto quella degli elfi a Lothlorien ne "Il Signore degli Anelli".


Cosa dire degli attori che non sia già stato detto? In pochi mesi abbiamo visto la bellissima Zhang Ziyi in tre film ed in tutti dimostra le sue doti. Ci resta solo da auguraci che questo talento non venga sprecato in produzioni hollywoodiane troppo cinetiche e stereotipizzate ("Rush Hour 2" glielo concedo, ma in "Memorie di una gheisha" non deve tradirci). Di Takeshi Kaneshiro e Andy Lau vorrei vedere qualcosa di più.

Credo che nel film ci sia una citazione di DePalma: i pugnali volanti non assomigliano tanto a i coltelli in Carrie-lo sguardo di Satana? :-)

 
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