videobrodaglia
20.9.04
  Punch-Drunk Love
Adam Sandler

Questo film si pone tra i piccoli gioiellini forgiati dal cinema indipendente americano. Il nome del regista non è più da tempo una novità: già con "Boogie Nights" e "Magnolia" (due lavori corali quanto colossali) aveva fatto conoscere il suo stile e il suo sguardo sull'ordinaria follia umana. Con "Punch-drunk Love", tradotto in italiano con "Ubriaco d'amore", Paul Thomas Anderson mette la sua firma su una storia d'amore e oppressione narrata in modo decisamente non convenzionale.
Barry Egan è l'unico fratello di sette sorelle che esercitano su di lui un controllo asfissiante. Braccato psicologicamente, si sfoga con rapidi scatti d'ira e con improvvisi attacchi di pianto. Tenterà anche di sentirsi meno solo chiamando una linea erotica, che poi gli procurerà altri problemi. L'unico spiraglio di libertà lo trova comprando centinaia di scatolette di budino che verranno poi convertirti in 1000 miglia aeree, unica reale possibilità di fuga. Ma la vera felicità giungerà solo quando incontrerà l'amica di una sorella, grazie alla quale troverà l'amore e la comprensione che gli mancavano.
Riportata in questo modo la storia risulta essere banale e scontata, ma Anderson è lontano dal renderla tale. Il suo "tocco" è originale perchè la rende una storia a tratti surreale e grottesca (gli scontri con i balordi che reclamano i soldi "promessi" alla ragazza della linea erotica), a tratti astratta, cmq molto piacevole e per nulla infarcita di veri rimandi psicologici. Le immagini sono molto cromatiche: il blu elettrico domina su tutti gli altri colori anche grazie a degli originali giochi di luce. I movimenti di macchina sono innovativi per una storia d'amore (Anderson non rinuncia nemmeno ai piano sequenza), così come anche l'uso frastornante della musica (percussioni e simili). Originale anche perchè è enigmatico. L'harmonium, appena lasciato per strada e che poi verrà raccolto dal protagonista, porta subito la storia ad un livello simbolico ed astratto. Quell'ogetto sta a simboleggiare l'occasione che Barry ha per "suonare la sua musica" (quella dell'amore) contro tutti i rumori (delle voci delle sorelle e del lavoro) che lo circondano e che lo investono. "Ubriaco", Barry lo è perciò prima di tutto a
livello sonoro. Un film sul suono e sulla luce (le linee dei riflessi e i controluce stilizzanti), entrambi usati con un forte simbolismo.
Adam Sandler, comico americano poco conosciuto in Europa, s'incarna bene (per alcuni ottimamente) nel personaggio di Barry, così come Emily Watson in quelli della graziosa ragazza.

Peccato che questo film sia passato praticamente inosservato nelle sale italiane. Merita tutto il tempo della sua durata, 90 minuti, pochissimo se leggiamo quella degli altri due film del regista.


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